Chirurgia Proctologica e del Pavimento Pelvico Centro di Interesse Nazionale Montecchio Emilia – Reggio Emilia 

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INFORMAZIONI:

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ORARI DI APERTURA:

Dott. Pasquale Talento

Ospedale E. Franchini di Montecchio Emilia - Via Barilla,16 42027 Montecchio Emilia

(+39) 0522/338977

info@pasqualetalento.com

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Il dott. Pasquale Talento, chirurgo colorettale, opera e visita presso il Centro Pavimento Pelvico di Montecchio Emilia Via Barilla,16 - 42027 Montecchio Emilia (RE) .

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Specialista in Chirurgia dell’Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva Chirurgica.

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PATOLOGIE

Ascessi e Fistole Anali

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www.pasqualetalento.com @ All Right Reserved 2022 | Sito web realizzato da Flazio Experience 

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Ascessi e Fistole

La fistola è composta da:

 

► Tramite primario ovvero la porzione che si porta dall’orifizio interno sino ai tessuti perianali muscolari 

Tramite secondario definito come la porzione che si porta dai muscoli sino alla cute perianale (orifizio esterno). 

 

► In condizioni standard le fistole sono caratterizzate da un tramite primario e da uno o più tramiti secondari. In casi particolari è possibile osservare multipli orifizi e tramiti primari come, ad esempio, in casi di malattia perianale complicata del M. di Crohn. 

 

Gli ascessi anali rappresentano la fase acuta di un'infezione che prende origine dalle ghiandole presenti tra i muscoli che circondano l'ano (sfinteri). L'ascesso, dopo suo svuotamento naturale o chirurgico (incisione e drenaggio), diviene fistola. La principale caratteristica di una fistola anale è quella di diventare quasi sempre cronica e richiedere per la guarigione quasi sempre l’intervento chirurgico. 


Quando le ghiandole presenti tra gli sfinteri si infiammano, quasi sempre per il passaggio di germi dalle feci, si forma una raccolta di pus (ascesso anale) che si fa strada verso la cute che circonda l'ano e che può fuoriuscire spontaneamente o richiedere un'incisione chirurgica per essere evacuato. Il canale attraverso cui il pus è passato può persistere e l'orifizio esterno vicino all'ano rimanere aperto (fistola anale). Le fistole perianali sono quindi come dei tunnel che mettono in comunicazione la cute intorno all'ano (cute perianale) con l'interno del canale anale. 

Classificazione

In base al tipo di tragitto fistoloso:

 

La classificazione di Parks individua 4 tipi principali (Intersfinterica, Transfinterica, Soprasfinterica ed Extrasfinterica)

Successivamente è stata aggiunto il gruppo delle fistole cosiddette superficiali che non sono di origine criptoghiandolare (esito sovente dopo incompleta guarigione delle ferite perianali come, ad esempio, dopo formazione di ragade anale, dopo emorroidectomia, dopo sfinterotomia anale etc). ù


Distinguiamo pertanto 5 tipi: 

 

- Superficiale

 

- Intersfinterica: è la fistola più frequente (70% del totale). 

 

- Transfinterica: Rappresentano il 13% delle fistole (circa il 5% sboccano sotto la linea dentata e circa l’8% sbocca a livello o sopra la linea dentata). 

 

- Soprasfinterica:  rappresentano il 2% del totale. 
Origina da un ascesso sopraelevatore. 
La variabile più frequente prevede origine alla linea dentata, il tramite attraversa lo sfintere interno e dallo spazio intersfinterico si porta verso l’alto verso il puborettale per poi curvare lateralmente al di sopra dello sfintere esterno e da qui in basso alla fossa ischiorettale e successivamente alla cute del perineo. Meno frequentemente è presente un tramite cieco (palpabile con esplorazione rettale al di sopra della linea dentata).  

 

- Extrasfinterica:1% di tutte le fistole 
Origina in conseguenza di un trauma (condotto dal basso verso l’alto) con interruzione del muscolo elevatore oppure come conseguenza di una sepsi pelvica con drenaggio attraverso l’elevatore dell’ano (dall’alto verso il basso). 

 

Classificazione

In base al tipo di tragitto fistoloso:

 

La classificazione di Parks individua 4 tipi principali (Intersfinterica, Transfinterica, Soprasfinterica ed Extrasfinterica)

Successivamente è stata aggiunto il gruppo delle fistole cosiddette superficiali che non sono di origine criptoghiandolare (esito sovente dopo incompleta guarigione delle ferite perianali come, ad esempio, dopo formazione di ragade anale, dopo emorroidectomia, dopo sfinterotomia anale etc). ù


Distinguiamo pertanto 5 tipi: 

 

- Superficiale

 

- Intersfinterica: è la fistola più frequente (70% del totale). 

 

- Transfinterica: Rappresentano il 13% delle fistole (circa il 5% sboccano sotto la linea dentata e circa l’8% sbocca a livello o sopra la linea dentata). 

 

- Soprasfinterica:  rappresentano il 2% del totale. 
Origina da un ascesso sopraelevatore. 
La variabile più frequente prevede origine alla linea dentata, il tramite attraversa lo sfintere interno e dallo spazio intersfinterico si porta verso l’alto verso il puborettale per poi curvare lateralmente al di sopra dello sfintere esterno e da qui in basso alla fossa ischiorettale e successivamente alla cute del perineo. Meno frequentemente è presente un tramite cieco (palpabile con esplorazione rettale al di sopra della linea dentata).  

 

- Extrasfinterica:1% di tutte le fistole 
Origina in conseguenza di un trauma (condotto dal basso verso l’alto) con interruzione del muscolo elevatore oppure come conseguenza di una sepsi pelvica con drenaggio attraverso l’elevatore dell’ano (dall’alto verso il basso). 

 

Classificazione

In base all’altezza dell’orifizio interno:

 

- Bassa: 94.1% (cioè a livello della linea dentata) 
- Alta:  6%

 

SINTOMI PRINCIPALI:

 

In caso di ascesso il paziente avverte un dolore in sede anale che aumenta gradatamente. Nel giro di ore o giorni si forma, vicino all'ano, una zona arrossata, dura e molto dolente accompagnata quasi sempre da febbre alta. 


In caso di fistola invece i sintomi sono la secrezione di pus o sangue da un piccolo orifizio situato vicino all'ano, il prurito provocato dall'irritazione della cute perianale, il dolore e la febbre quando la fistola si infetta e provoca nuovamente un ascesso.

 

Diagnosi

Una visita coloproctologica ben condotta di regola è sufficiente a diagnosticare la presenza di un ascesso o di una fistola perianale; con l'ausilio di alcuni esami diagnostici poi quali l'anoscopia, l'ecografia anale e la risonanza magnetica è possibile avere un quadro più completo circa il decorso delle fistole, determinante per una corretta terapia chirurgica.
La clinica delle fistole anali è caratterizzata da secrezione cronica e disturbi anali talvolta aspecifici. 
L’intensità della secrezione perianale dipende dallo stato flogistico; talvolta possiamo rilevare la presenza di parziale chiusura di orifizio perianale esterno che periodicamente si riapre con cadenza variabile con successivo drenaggio di materiale flogistico. 

 

La fistola in genere è composta da
Orifizio esterno
Tramite secondario (tragitto che si porta dalla cute perianale al contatto sfinteriale) 
Tramite primario (tragitto che coinvolge e attraversa gli sfinteri e si porta all’orifizio interno)


Orifizio interno

All’esplorazione rettale l’eventuale presenza di estensione della fistola appare come un’induration ossia come la sensazione che si ha palpando durante l’esplorazione un tessuto osseo. L’induration (indurimento) è il miglior criterio palpatorio per definire la fistola.

 

Taluni completano l’esame clinico con l’utilizzo di specilli per sondare il tramite a partenza dall’orifizio esterno verso il canale anale; questa procedura andrebbe eseguita in sedazione o in sala operatoria sia perché sovente dolorosa per il paziente sia per la possibilità di creare false strade con l’utilizzo dello specillo nel tentativo di riuscire a trovare il tramite e l’orifizio entro i pochi minuti di tollerabilità consentiti dal paziente.
 

 

Esami strumentali

Anoscopia 
Con l’anoscopia è possibile evidenziare l’orifizio interno di solito localizzato a livello dello sbocco delle cripte. In caso di mancata individuazione dell’orifizio interno si può iniettare mediante una cannula sottile una soluzione con acqua ossigenata dall’orifizio esterno con successiva valutazione di eventuale comparsa di bollicine dall’orifizio interno.

Ecografia anale rotante
Esame di prima scelta nella valutazione di un ascesso o fistola che presenta un’accuratezza in più dell’80% dei casi specie le estensioni a ferro di cavallo e una concordanza con la chirurgia in quasi il 100% dei casi semplici e del 68% in caso di fistole alte 
L’esame eseguito con tecnica 2D e 3D fornisce importanti informazioni sul decorso del tramite principale e di quelli secondari, sulla sede dell’orifizio interno e sulla presenza di eventuali raccolte ascessuali
Il limite della metodica ecografica endoanale è la valutazione di processi flogistici e tramiti distanti dal canale anale come, ad esempio, accade nelle forme sopra ed extrasfinteriche in cui è molto più attendibile e precisa la RMN. 

 

RMN
Esame indicato nello studio delle fistole complesse e in quelle recidive dove fornisce informazioni aggiuntive e importanti con superiorità rispetto all’esame ecografico. I reperti ottenuti con RMN concordano all’80-90% con i dati operatori quando sono ben chiari il tramite primario e le estensioni secondarie. In particolare, nei casi di fistole complesse il suo utilizzo consente di riconoscere anche tramiti secondari non visualizzati con l’esame ecografico. La RMN andrebbe riservata alle fistole complesse e/o recidive e comunque sempre dopo ecografia endoanale che rappresenta l’esame principale da eseguire. 

 

Fistolografia 
Esame non molto attendibile (12% di falsi positivi). Prevede l’iniezione di contrasto dall’orifizio esterno seguito da radiogrammi AL, LL e obliqui per definire il tramite. In letteratura è riportata un’accuratezza che oscilla dal 16 al 48%. L’esame inoltre non riesce a chiarire il rapporto con la struttura muscolare ed offre scarse informazioni sulla profondità. Attualmente desueta e scarsamente utilizzata per lo studio delle fistole anali di routine può tuttavia avere indicazioni nei casi in cui si sospetti il coinvolgimento di organi circostanti.

 

Manometria anorettale
L’esame manometrico non è utilizzato di routine bensì nei casi complessi specie in pazienti con danno sfinterico o possibile ridotta attività tonica degli sfinteri. In particolare, andrebbe riservato alle seguenti condizioni: 

 

  • ridotto tono sfinteriale alla visita 
  • pregressa fistulotomia o sfinterotomia
  • storia di trauma ostetrico
  • fistola alta e complessa

 

Rettoscopia/colonscopia 
La rettoscopia rigida può essere eseguita in concomitanza con la visita iniziale del paziente per valutare ogni eventuale associazione con processi flogistici localizzati a carico del retto. In casi particolari andrà completata con colonscopia 

 

Terapia Chirurgica

In caso di ascesso la terapia è l'incisione chirurgica seguita dal drenaggio del materiale infetto (pus); dopo il drenaggio si eseguono medicazioni sino a che la fase acuta termina. 
La terapia delle fistole è chirurgica con l’obiettivo di eradicare l'infezione cronica e consentire la guarigione del tramite preservando al massimo gli sfinteri senza creare alterazioni della continenza. Diverse sono le opzioni chirurgiche la cui scelta va attentamente valutata in base alla tipologia della fistola, al suo decorso e al grado di coinvolgimento dei muscoli sfinterici. È importante altresì considerare attentamente fattori di rischio predisponenti l’incontinenza postoperatoria come ad esempio il sesso femminile, l’età avanzata, la presenza di traumi da parto, precedenti interventi perianali o alterazioni sistemiche come il diabete; tali fattori rendono “più” debole” a vario livello la struttura sfinteriale e di conseguenza più frequente l’insorgenza di quadri di incontinenza post-operatoria. 

Indicate nei casi di fistola superficiale, intersfinterica e transfinterica bassa. 
Fistulotomia o messa a piatto: la fistola è aperta lungo il suo decorso dall’orifizio interno a quello esterno 
Fistulectomia: rispetto alla precedente prevede la rimozione del tramite completo dall’orifizio interno a quello esterno 
Entrambe le tecniche prevedono la sezione dell’eventuale quota muscolare coinvolta che sarà rispettivamente:
nulla nelle fistole superficiali (non coinvolgono tessuto sfinteriale)
minima parte distale dello sfintere interno nelle fistole intersfinteriche
minima parte di sfintere interno ed esterno in quelle transfinteriche basse
Le ferite chirurgiche al termine delle procedure impiegano generalmente dalle sei alle dodici settimane per la guarigione.
La fistulotomia in letteratura evidenzia un tasso di guarigione intorno al 95% 
In casi particolari e in presenza di fattori di rischio anche in caso di fistole transfinteriche basse o addirittura intersfinteriche può essere opportuno non eseguire in prima istanza la fistulotomia o fistulectomia optando per procedure che non prevedono alcuna sezione degli sfinteri. 
Il ruolo del chirurgo dedicato è quello di determinare attentamente il “peso” della fistola (quanto sfintere resta dopo la sezione e non quanto sfintere è sezionato) specie nelle forme transfinteriche dove occorre una valutazione accurata del tramite che attraversa lo sfintere esterno spesso posto più in alto di quanto appare alla sola valutazione ispettiva (la diagnostica integrata e l’esperienza possono giocare un ruolo importante per evitare l’insorgenza dell’incontinenza).
La fistulotomia può essere associata al drenaggio di un ascesso in particolari casi se è ben chiara la visualizzazione del tramite e dell’orifizio interno. Come già analizzato nel capitolo sugli ascessi cui si rimanda per maggiore approfondimento i chirurghi meno esperti dovrebbero evitare tale associazione che espone ad un maggior rischio di incontinenza e/o recidiva se non correttamente valutata.  
Analogamente la fistulotomia andrebbe evitata anche in pazienti con M. di Crohn in quanto gravata da maggiore incidenza di incontinenza postoperatoria a parità di interessamento muscolare rispetto alle fistole di origine criptoghiandolare. 
Va segnalata la possibilità di eseguire la fistulotomia anche in caso di fistole complesse con successiva sfinteroplastica (fistulotomia+sfinteroplastica tecnica denominata FIPS) Si tratta di una metodica descritta ma non molto diffusa e vista ancora con scetticismo. Si riporta un tasso complessivo di successo intorno al 93,2% ma con peggioramento complessivo della continenza nel 12,5% dei casi prevalentemente soiling.

Tecniche Lay Open: Fistulotomia e Fistulectomia 

Indicate nei casi di fistola superficiale, intersfinterica e transfinterica bassa. 
Fistulotomia o messa a piatto: la fistola è aperta lungo il suo decorso dall’orifizio interno a quello esterno 
Fistulectomia: rispetto alla precedente prevede la rimozione del tramite completo dall’orifizio interno a quello esterno 
Entrambe le tecniche prevedono la sezione dell’eventuale quota muscolare coinvolta che sarà rispettivamente:
nulla nelle fistole superficiali (non coinvolgono tessuto sfinteriale)
minima parte distale dello sfintere interno nelle fistole intersfinteriche
minima parte di sfintere interno ed esterno in quelle transfinteriche basse
Le ferite chirurgiche al termine delle procedure impiegano generalmente dalle sei alle dodici settimane per la guarigione.
La fistulotomia in letteratura evidenzia un tasso di guarigione intorno al 95% 
In casi particolari e in presenza di fattori di rischio anche in caso di fistole transfinteriche basse o addirittura intersfinteriche può essere opportuno non eseguire in prima istanza la fistulotomia o fistulectomia optando per procedure che non prevedono alcuna sezione degli sfinteri. 
Il ruolo del chirurgo dedicato è quello di determinare attentamente il “peso” della fistola (quanto sfintere resta dopo la sezione e non quanto sfintere è sezionato) specie nelle forme transfinteriche dove occorre una valutazione accurata del tramite che attraversa lo sfintere esterno spesso posto più in alto di quanto appare alla sola valutazione ispettiva (la diagnostica integrata e l’esperienza possono giocare un ruolo importante per evitare l’insorgenza dell’incontinenza).
La fistulotomia può essere associata al drenaggio di un ascesso in particolari casi se è ben chiara la visualizzazione del tramite e dell’orifizio interno. Come già analizzato nel capitolo sugli ascessi cui si rimanda per maggiore approfondimento i chirurghi meno esperti dovrebbero evitare tale associazione che espone ad un maggior rischio di incontinenza e/o recidiva se non correttamente valutata.  
Analogamente la fistulotomia andrebbe evitata anche in pazienti con M. di Crohn in quanto gravata da maggiore incidenza di incontinenza postoperatoria a parità di interessamento muscolare rispetto alle fistole di origine criptoghiandolare. 
Va segnalata la possibilità di eseguire la fistulotomia anche in caso di fistole complesse con successiva sfinteroplastica (fistulotomia+sfinteroplastica tecnica denominata FIPS) Si tratta di una metodica descritta ma non molto diffusa e vista ancora con scetticismo. Si riporta un tasso complessivo di successo intorno al 93,2% ma con peggioramento complessivo della continenza nel 12,5% dei casi prevalentemente soiling.

Utilizzo di colle nel tramite fistoloso. 

Numerose negli anni sono state le proposte di trattamento delle fistole complesse mediante colle sia di origine tissutale che sintetiche. 
Razionale: iniettate direttamente nel tramite fistoloso formano un sigillante che garantisce la tenace adesione dei tessuti e l’efficace azione barriera antisettica. I vantaggi sono rappresentati dalla semplicità della tecnica, dalla sua ripetibilità in caso di insuccesso e dal fatto che il suo impiego non pregiudica successivi approcci chirurgici; sconsigliate in caso di tramite corto non rappresentano la prima scelta nel trattamento delle fistole complesse rappresentando un’eventuale opzione in caso di insuccesso di altre metodiche. In letteratura vi sono risultati variabili con recidive a 1 anno di follow-up nel 40-80% dei casi. 

 

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